giovedì 11 dicembre 2025

Tutto porta frutto

 



 Ieri sera, una mia cara alunna mi ha scritto un messaggio, in realtà sono passati sette anni da quando per l’ultima volta è stata una mia alunna, eppure, lei si ricorda. E anche io mi ricordo perfettamente, per me, è ancora una mia alunna e lo sarà per sempre. Mi ricordo tanto bene che, l’ultimo giorno di scuola, avevo scritto questo articolo. In un modo che con il senno dell’oggi suona quasi profetico.

 Una bambina eccezionalmente intelligente che, ormai diciottenne decide di mandare un messaggio semplice, dove mi ringrazia per tutto quello che le avevo insegnato. Mi ha commosso nel profondo. Io a diciotto anni non avrei mai pensato di scrivere un messaggio alle mie maestre delle elementari, che, bontà loro, erano anche brave donne.

Eppure nello strano mescolarsi degli anni, dei ricordi, degli eventi, qualcosa sicuramente accade, e ci sono persone che ci rimangono impresse, persone che poi prendiamo ad esempio e modello.

A me è successo alle scuole medie, con un insegnante che si chiamava Pino Cara. Un insegnante, manco di ruolo, che lavorava in una piccola scuola della provincia di Cagliari nei primi anni novanta. Arrivava con una macchina tutta sferragliante, voci raccontavano che non avesse manco i soldi per la benzina, perché gli stipendi all’epoca arrivavano in ritardo, se non eri di ruolo. Eppure, in una classe come quella in cui stavo io, dove si andava letteralmente in giro col coltello e le risse capitavano ogni giorno, una classe dove la lingua italiana era al massimo tappezzeria, questo povero cristo ci era caduto.


E ricordo con chiarezza l’assoluta determinazione di quell’uomo nell’insegnarci qualcosa, non per forza qualcosa che avesse a che vedere con la lingua italiana, ma voleva insegnarci qualcosa, perché, santi numi, qualcosa da insegnare lo aveva Pino Cara, e lo avrebbe fatto.

Avrebbe insegnato ad una classe di criminali, o quasi, che non c’era bisogno di studiare l’italiano per essere degni di riconoscenza umana, che anche quello che non faceva dei grandi temi poteva avere intuizioni poetiche, che riparare un motore valeva almeno quanto saper scrivere una lettera e che tutti, tutti senza eccezione facevano parte di quella classe e dovevano rispettarne le regole di umanità e decenza. 

 E se non capivamo, ci spiegava di nuovo, s’incazzava anche, Pino Cara, tanto da farsi venire le vene tutte rosse sul collo e far piombare un silenzio metallico sulla classe intera. Ed era capace di gentilezza, trovava le pietre preziose nascoste nell’umanità quell’uomo, dentro persone che nemmeno sapevano di nascondere un filone d’oro.

 Tutti volevamo bene a quell’insegnante. Tutti abbiamo imparato qualcosa, soprattutto quelli con un percorso scolastico cesellato di insuccessi. Per loro Pino Cara era stato il miglior insegnante del mondo.

E io? Beh, sono passati trent’anni e vi sto raccontando di lui. Quanto mi piacerebbe fargli sapere tutto quello che ha significato per me, per tutti gli altri. Sono certo che lo renderebbe felice.

E questo per dire che anche se non ce ne rendiamo conto,
tutto porta frutto, veniamo lentamente macinati dal tempo e dallo spazio, ma quello che facciamo non sparisce, diventa polvere che concima l’universo. Non è una questione di debiti e crediti, la gentilezza si espande. La immagino un po’ come lanciare un sasso nello stagno, dal punto in cui avviene si espandono onde concentriche, conseguenze, che proseguono per sempre.
Per sempre suona come un sacco di tempo, perché lo è. Molto tempo dopo che voi sarete morti, le conseguenze delle vostre azioni continueranno a riverberare.

Sono cose che ho sentito spesso dire, quando ero più giovane, ho sempre pensato che fossero sciocchezze, sapete?
E ora, che lentamente ma inevitabilmente assisto alle conseguenze di quello che ho fatto presentarsi, ora che vedo i germogli di quello che ho fatto e che continuo a fare, germogliare e crescere, ho capito che no, tutto quello che facciamo porta frutto, siamo figli di quello che è successo prima di noi, lasceremo qualcosa dopo.

Kurdt.

domenica 21 settembre 2025

Charlie Chi?

 


 

Scrivere è questa attività  per la quale ti siedi, guardi il foglio, pensi qualcosa e,magicamente, quella cosa appare, mentre il foglio sparisce.

Ma noi abbiamo più fretta di ottenere risultati, risposte immediate, repentine, aiutaci intelligenza artificiale, altrimenti come potremmo aspettare dieci minuti con le mani in mano? 

E questo galoppare a tutta velocità ci sta portando dritti dritti verso il burrone, perché la lentezza, per quanto sorella della noia, è anche l'unica cosa capace di rendere il pensiero profondo e capace di guardare oltre. Se voglio risposte rapide, generalmente, le avrò, ma come diceva Guzzanti:

"la risposta è dentro di voi, ma però è sbagliata"

E tra tutte le risposte, quella violenta è la più rapida, la più sognata, oltre ad essere anche la più sbagliata. Sbagliata non per forza da un punto di vista etico, voglio dire, se venisse fuori che sacrificando a Chtulhu dieci gattini si potesse salvare un milione di persone, lo faremmo e non credo sarebbe immorale. Sarebbe terribile, sarebbe anche ingiusto, ma lo faremmo. Peccato che nella realtà non funziona così, ogni bastonata genera due bastonate, ogni bombardamento, in un modo o nell'altro, ne genera altri. Una guerra inevitabilmente genera semi di rancore nel vinto, che poi germoglieranno in altre guerre, in un modo o nell'altro. 

A proposito di violenza, direi che è il caso di parlare di quello che sta succedendo negli USA, che quando si parla di violenza non sono secondi a nessuno, sia che si tratti di una classe di bambini indifesi, di CEO di qualche orripilante megacorporation, o un tizio che arringa le folle per aizzarle contro qualcun'altro. Sono violente le aziende che puntano solo al soldo per trasformare i pazienti in clienti, e che se il paziente cliente non ha abbastanza soldi, lo scaricano sul marciapiede, sono violenti i predicatori che raccontano di come, nel regno di Dio, si, ci puoi entrare, ma solo se doni tutti i tuoi averi alla nostra chiesa, che Dio non viaggia certo in economy, ed era violento il tizio che ha sparato a Charlie Kirk,  con una famiglia adoratrice delle armi che gli aveva spiegato, da quando è nato, che i problemi c'è un solo modo di risolverlo, a fucilate. Una famiglia, appunto, come dicevamo, violenta. 
Era violento anche Charlie Kirk, che sosteneva che per il bene del secondo emendamento, lo si potesse innaffiare, di tanto in tanto, con il sangue, non importava se innocente, era un prezzo giusto da pagare. O tante altre, pessime idee
E la violenza, la rabbia, si espandono,  alcuni si illudono di poterla circoscrivere e rinchiudere lontano da loro, magari creandosi degli splendidi castelli con profondissimi fossati e grandi torri di guardia,  la violenza là in alto, prima o poi ci arriva.
 Se chiedete ai violenti, nessuna di loro vi dirà di esserlo, fanno tutto solo per autodifesa, se non mi credete, chiedete a Hitler, uno deve pur poter difendere il proprio spazio vitale, no? Ma provate a chiedere in giro, scoprirete che nessuno, nessuno, nemmeno il cannibale di Milwalkee, guarda a sé come ad una persona cattiva, al massimo una persona che sbaglia. Tutti hanno una storia che giustifica quella violenza, e di solito è una storia che suona più o meno così: 

"Io non facevo niente di male, 

Ma è arrivato quel tizio lì

uno straniero, diverso,

uno che parlava strano, non lo capivo,

e mi ha detto qualcosa 

non potevo lasciar perdere 

voi lo avreste fatto? 

E così ho dovuto... 
 

Riempite pure a piacere il seguito. Fatto sta che la responsabilità della violenza ricade tutta su questo straniero, su questo diverso, perché io, io no, non avrei potuto fare nient'altro. La violenza, nella mente di alcuni è l'unica risposta. 

Questo è un metodo eccezionale per fare quello che vi pare senza nemmeno accorgervi di farlo. Basta decidere che una  categoria di persone sono i "nemici" accusabili di ogni male che colpisce la società, ed ecco che a quelli potete fare qualsiasi cosa, senza per questo essere in torto, mai

Dopotutto vi state difendendo, voi. Nessuno accuserebbe uno che si sta difendendo, al massimo si può dire che sta esagerando con la difesa, ma è una cosa da poco. 

Il gruppo che si sceglie come vittima deve essere in contemporanea potentissimo e incapace, abilissimo e stupido, nascosto ed in piena vista. Perché per funzionare questo trucco deve poter applicare l'etichetta di nemico a chiunque, in qualsiasi momento. 

Se guardate agli Stati  Uniti vedrete chiaramente come queste etichette vengano applicate ormai a chiunque vada anche di pochissimo fuori dalla linea accettata dall'amministrazione centrale 

- Antifa 

- Trans

-Estremista di sinistra

-Terrorista 

E anche quando la persona che si desidera accusare non rientra in nessuna di queste categorie, viene comunque obbligata ad entrarci, perché per un regime fascista (si, gli USA questo sono, non aspettatevi nuove elezioni presidenziali senza violenza, d'ora in poi) la cosa più pericolosa di tutte è il dissenso, qualsiasi differenza di opinione, anche piccola, tra il leader e la popolazione, va schiacciata perché non si espanda.

Peccato che non possa durare, perché via via che si tagliano via pezzi di popolazione da accusare di ogni male, la società stessa marcisce, la paranoia prende piede, la delazione si diffonde anche tra le mura di casa (pensate solo all'Urss stalinista). 

Mi viene in mente quella storiella che fa più o meno così: 

Un uomo cammina per le strade di Belfast quando, all’improvviso, qualcuno gli punta una pistola alla testa:


— «Sei cattolico o protestante?»


— «Cattolico.»

Il tizio con la pistola sorride:
— «Anch’io! Romano o maronita?»
— «Romano.»
— «Anch’io! Del Sud o del Nord?»
— «Del Sud.»
— «Anch’io! Dublino o Cork?»
— «Dublino.»
— «Anch’io! Quartiere Nord o Quartiere Sud?»
— «Quartiere Sud.»
— «Anch’io! Parrocchia di San Michele o di San Giuseppe?»
— «San Giuseppe.»

Il tizio si fa scuro in volto, digrigna i denti e urla:

 Muori, sporco traditore --

E se pensate che dalle vostre parti non possa succedere, perché Noi? Non non siamo mica come loro! Allora non avete proprio capito niente. 

sabato 7 dicembre 2024

Di Ceo morti e altre fregnacce

 

 

 Un paio di giorni fa hanno ucciso a pistolettate il capo di una grossa assicurazione sanitaria, in pieno centro a New York. Sui proiettili il killer aveva inciso :"Delay, Deny, defend"  (Ritarda, nega, difendi

 una citazione del libro Delay, Deny, Defend: Why Insurance Companies Don't Pay Claims and What You Can Do About It 

Ritarda, nega, difendi: Perché le compagnie assicurative non pagano i risarcimenti e cosa puoi fare a riguardo.

Un libro che parla di come il sistema sanitario americano, il più costoso al mondo, sia basato su compagnie private che non hanno alcun interesse nella salute della popolazione. Hanno un incentivo economico a fregarsene

Pensate che "non è vero, perché se non mi piace la mia assicurazione sanitaria, allora posso andare e cambiarla e loro impareranno che non è così che si fa, cattivi, tò, tò" ?

Una cosa che funziona solo nelle fantasie bagnate dei troppo giovani, o in alternativa, dei cretini. O dei giovani cretini. Prova ne sia che gli americani pagano più di tutti gli altri sia in termini assoluti che in termini percentuali, circa il 16% della spesa finisce direttamente in salute, con risultati discutibili. 
Ma non siamo qui per discutere il sistema sanitario americano, la premessa da cui parto è che sia disfunzionale è aggiunga una quantità enorme di spese amministrative (2500$/anno) al sistema sanitario che non esisterebbero se venisse gestito come sono gestiti i sistemi sanitari nazionali. Per dire, il Canada, a poca distanza, paga solo 500$ all'anno di spese amministrative pro capite, una differenza mostruosa. Tenete conto che l'Italia spende circa 2500$ di spese sanitarie pro capite, IN TOTALE. 

E sono obbligato ad aggiungere che, il sistema sanitario nazionale è in gran difficoltà perché mancano le risorse. Risorse che andrebbero cercate dove i soldi ci sono, strappando il cuore agli evasori. 

Ma figurati. Ci vediamo al prossimo condono tombale, quando ci spiegheranno che il problema sono, non so, i medici. O gli insegnanti.
 
Comunque, il tizio che ha ammazzato il presidente della United Healthcare è diventato in pochissimo tempo un eroe nazionale, ci vuole poco per capire il perché, posso ben immaginare come ogni famiglia abbia avuto delle storie dell'orrore negli ultimi dieci anni.Da destra a sinistra, la popolazione americana odia le assicurazioni sanitarie.

E così, quando in un paese dove tutti sono armati, qualcuno ha deciso di agire in maniera diretta. O almeno così pare. E la distanza tra istituzioni e popolazione non potrebbe essere più evidente. La popolazione inneggia all'assassino come ad un nuovo eroe popolare, mentre i ricchi lo considerano un criminale, il peggior criminale, perché colpisce direttamente loro, non i poveri del ghetto, ma loro, i ricchi, i potenti. Che non dovrebbero avere nulla da temere.

Detto questo, magari mi sbaglio, però per quanto affascinante, la teoria che l'assassino sia un tizio qualunque arrabbiato contrasta con l'esecuzione professionale dell'azione. Un azione pianificata nei dettagli, da qualcuno che sapeva dove trovare l'obiettivo, che ha sparato senza esitazione e poi si è fatto di nebbia in pochissimo tempo.
I ricchi hanno sempre avuto un sacco di nemici, gente che magari non ha remore ad investire dei soldi per, diciamo, risolvere i problemi.   Questo non cambia l'assoluta gioia con cui è stata accolta la morte del tizio dalla popolazione, su reddit non ho visto nessuno difenderlo, il post di cordoglio che l'assicurazione aveva messo su Facebook è stato chiuso, la risposta prevalente era la risata.
E magari se non la paura, sapere che la popolazione tutta riderebbe e gioirebbe della tua morte, quello magari un po' di effetto te lo fa ugualmente, anche se sei ricco e senza scrupoli. Se non altro perché ti sta indicando che il pentolone della pressione sociale è al limite e non c'è nessuna valvola di sicurezza per ridurla, anzi, i piani dell'amministrazione Trump indicano chiaramente l'opposto.

Ma se gli americani odiano così tanto gli oligarchi, le assicurazione e i ricchi, perché mai hanno eletto Trump?

Trump è un rivoluzionario. O almeno ha l'aura del rivoluzionario, parla come uno che non è parte di quell'ambiente, è bravissimo a vendersi come uno che può "bonificare la palude" intendendo il governo degli Stati Uniti.  Aggiungeteci che è bravissimo a raccontarsi come l'ultima venuta di Cristo signore e avete un candidato ideale per tutti     quelli che s'interessano alla politica una volta ogni quattro anni. Un Berlusconi geneticamente modificato con ancora meno etica.

Un tizio che ha scelto nella sua squadra di governo solo gente oscenamente ricca e ha dichiarato che, l'obiettivo  del suo governo è quello di ridurre le tasse, tagliando i servizi. Ha persino messo un altro pomposo cretino, Elon Musk, a capo di un'agenzia per ridurre le spese del governo.  E se credete che taglieranno le spese dell'esercito, ho un colosseo poco usato, chiavi in mano, da vendervi.

Quando gli americani si renderanno conto che stanno venendo tagliate le poche cose che evitano di crepare a loro e ai loro cari (Medicare/Medicaid/foodstamps) la situazione si farà esplosiva nella nazione con il maggior numero di armi pro-capite e un livello di ignoranza misurabile in Sievert. Le persone infuriate vorranno un colpevole e, potete scommetterci, il dito verrà puntato su tutti, gli immigrati cattivi, i cinesi, gli stranieri che importano merci nel nostro paese!

Tutti verranno citati, salvo i veri colpevoli, gli unici in fondo, che, da questa situazione ci hanno guadagnato. E se anche così la popolazione non si sarà calmata, perché comunque di mangiare, che vi piaccia o no, è piacevole.

Allora si fa la guerra, un modo vecchio come il cucco per far fare soldi ai ricchi e far stare zitti i poveri.


La mia speranza è che, prima che si arrivi a questo gli americani capiscano da dove arrivano i loro problemi e, in un momento di estrema lucidità, spingano il paese verso un futuro pacifico e progressivo.

L'alternativa è agguantare la pistola, results may vary. 




sabato 30 novembre 2024

India

 


L’anno scorso sono andato in India. Non ne ho mai scritto, ma mi sono girato l’India per un mese e mezzo, Perché l'India? Perché no?

perché sono curioso, curioso di posti dove la gente non vuole andare, l’India ha vinto la competizione, ma  c'era anche il Congo, Guatemala, o Burkina Faso.

Sono stato in Svezia, non fa per me, gli svedesi non ti guardano nemmeno se ti riempi di benzina e ti dai fuoco in mezzo alla piazza, roba da maleducati guardare qualcuno che si ammazza, pare.

Per arrivare in India intanto serve un biglietto, quello è facile, da Milano arrivi a Nuova Delhi, fai scalo da qualche parte, nel mio caso in Polonia, mangi un hamburger e prendi un volo con un sacco di altra gente.  Soprattutto indiani.

Sull'aereo ero l’unico che non si è tolto le scarpe,  gli indiani si tolgono le scarpe ovunque, in qualsiasi condizione, non importa se i piedi non sono stati lavati da settimane.  Nella cabina si è formata una brina densa,aromatizzata al formaggio, il pranzo, con Indian Airlines, lo respiri.   

All’arrivo a Nuova Delhi, ti accoglie un'atmosfera leggermente meno densa di quella   trovata sull’aereo, ho trovato un tassista, legittimo quanto una moneta da tre euro, e mi sono fatto trasportare all’”albergo”.
Più ci avvicinavamo, superando branchi di cani, gente che trasportava carretti, macchine, cavalli, scimmie, cani, cani e, ancora, cani, cominciavo a sospettare di aver sbagliato i miei conti.  “siamo arrivati” mi ha detto il tassista.
E fuori non c’era niente. Una strada di terra battuta con gente che stava cominciando la propria giornata in una delle città più popolose del mondo. Se andate in India è pensate di dover viaggiare parecchio, non portatevi una valigia, meglio uno zaino, le ruote non vi servono a niente quando la strada è poco più di una mulattiera.

“Siamo arrivati, ecco l’albergo”
insiste lo pseudo tassista, indicandomi una palazzina che avevo già visto, a Gaza.

Per un po’ non sono sceso, non vedevo l’albergo, né niente che avrei potuto definire come una strada, una quantità di monnezza che Il Cairo può solo sognarsi, faceva sembrare quel posto una discarica. L’odore in particolare, ricordava quello di una pecora lasciata in putrefazione per settimane.

Per entrare in “albergo” devo saltare una decina di persone che dorme all’entrata, e non sono dei barboni, sono persone che lavorano DENTRO l’albergo. La stanza, se possibile, è peggio. Le lenzuola sono umidicce, spero per l’ambiente circostante e non per altre, più disgustose ragioni. Se volete un consiglio, in India non fidatevi delle foto di Booking. Né delle recensioni, sono finte.

Mi avevano avvertito di non bere acqua, in nessun caso, nemmeno se minacciato di morte, nemmeno sotto la doccia, pena il cagarsi addosso in maniera immediata ed esplosiva. E ovviamente la stessa cosa valeva anche per i denti, non lavarseli mai con l’acqua del rubinetto, che in India, mi era stato detto, equivaleva a bere l’acqua del water.

Le prese elettriche ai lati del letto erano smontate, so che suona un cliché, ma facevano scintille quando infilavi la spina. La cosa positiva era che le prese indiane sono, in qualche modo compatibili con le nostre, quindi non avevo dovuto comprare un adattatore. Questa cosa che puoi risparmiare dieci euro mentre bruci assieme a tutto il palazzo dovrebbe consolarvi.

Valutando la possibilità di morire folgorato all’interno di una catapecchia, ho aperto la finestra, aspettandomi che desse sulla strada, ma, no, dava su un buco mefitico all’interno dell’edificio. Buco in cui si concentravano tutti i vapori dei bagni dell’albergo, con un mix di aromi che,profumi doriente, scansatevi.  La porta di entrata della stanza non si chiudeva.

L’India mi stava raccontando chi era, ma io non avevo nessuna intenzione di ascoltarla, la stronza, così ho pensato che sarebbe stata una buona idea andare per strada e cercare una sim indiana con traffico dati, perché vi assicuro, a Nuova Delhi perdersi è veramente un attimo. Sarei dovuto uscire e andare, praticamente a caso, ero pronto.

Provate a chiudere gli occhi e immaginate una strada piena di persone, aggiungete tutto quello che vi viene in mente. Sono sicuro che mai, MAI, riuscireste ad immaginare il caos assoluto che mi si parava davanti.

Risciò, Macchine, motorini, uomini a piedi, uomini in bici, asini che trascinavano un carretto, uomini che trascinavano un carretto, cani, cani,buchi per terra con gente che spuntava fuori strillando, buchi nei muri con gente che saltava fuori, gente che ti parla, gente sui pali, in cima agli autobus, arrampicata sui ponti. Gente alle finestre.

Gente.

Persone buttate per terra ai lati della strada, spazzatura di ogni tipo, rigagnoli di liquido che a giudicare dall’odore erano composti da acqua e escherichia Coli in egual misura.
Bambini in mutande che vengono cambiati da madri amorevoli, tizi che cagano dove capita, altri cani.

Una ragazzina, con delle penne in mano, che dormiva per terra, circondata da cani che dormivano lì attorno, aveva l'età che poteva avere uno dei miei alunni, dormiva anche lei.  Ma non andava a scuola come i miei alunni, lei. 


E lì, di fronte a quella visione, la mia fantasia dell’India veniva spazzata via in un colpo solo dal rumore assordante dei Clacson suonati in contemporanea da tutti, compreso l’asino, che ragliava con tutta la forza possibile. In india la gente suona il clacson per far capire dove si trova, come se fosse un sonar per avvisare gli altri di non spostarsi in una o nell’altra direzione. O magari sono solo stronzi e vogliono assordarti. 

Forse è per questo che l'India è il più grande produttore di santoni da Buddha in avanti, per resistere a certi posti mantenendo una parvenza di sanità mentale, ti serve una filosofia. Altrimenti li ammazzi tutti.


E se siete arrivati fino a qui, bene,  queste sono le cose brutte, dell’India. Quelle che vi dicono tutti quando tornano da quel paese, nessuno vi dice che mentre cammini per le strade, ogni tanto ti arrivano zaffate di gelsomino che coprono qualsiasi altro odore, gelsomino e limone che sembrano arrivare direttamente dal paradiso. Credo sia stato quel profumo a farmi decidere per continuare a camminare fino alla stazione, perché avevo visto posti peggiori, ero stato in zone di guerra, figuriamoci se non avrei potuto sopportare Nuova Delhi.
E così ho fatto, ho nuotato tra la gente, come un salmone controcorrente, arrivando fino alla stazione centrale, parlando con chi voleva parlare e salutando chi mi salutava.

Mentre cercavo un pranzo ho visto una gang di scimmie derubare della frutta una signora che, incazzata nera, gli ha lanciato dietro un masso. Le scimmie sono da tutte le parti in India, ti guardano attentamente, pronte a fregarti qualsiasi cosa di commestibile tu abbia in mano, le persone normali sono abituate a questa continua lotta per lo spazio vitale e non ci fanno più tanto caso, ma per le scimmie, quelle sono incazzate, pronte a piantarti i canini nel collo, se pensano abbiate un buon sapore. Scherzo, alle scimmie non avvicinatevi troppo però, se non volete diventare uno snack occidentale.

La sera sono andato a prendere la ragazza che aveva deciso di accompagnarmi per un pezzo del viaggio, ragazza di cui, malgrado io avessi promesso e fossi assolutamente certo che niente di romantico sarebbe sorto da quel viaggio, mi sarei innamorato.
Perché non puoi fare un viaggio in India con qualcuno così, come andresti a Verona. Andare in India con qualcuno significa fidarti ciecamente di quella persona, perché può, e lo farà, succedere di tutto.

E quella persona diventa l’unica cosa stabile.

Con questa ragazza, che si chiama Maria,nome assolutamente vero e non di fantasia, qualche giorno dopo abbiamo preso un treno, seconda classe, diretto ad Agra, la Capitale dello stato, perché volevamo vedere sto Tajii Mahal.

La cosa più interessante di Agra non è stato il Tajii mahal, che per chi non lo sapesse è una gigantesca tomba dedicata ad una delle mogli del Rajah, quella preferita, o quella che gli rompeva meno le palle.

La cosa più interessante di Agra è stata Nassim, un autista di TukTuk che abbiamo conosciuto lì, aveva la mia età ma non mi sarei stupito ne avesse avuto venti in più, campava tutta la sua famiglia con il suo lavoro e teneva un piccolo diario dove le persone che portava in giro sulla suo ape piaggio modificata scrivevano di lui. E scrivevano cose gentilissime, perché Nassim era (e spero sia ancora) una persona gentilissima.

E rimanere gentile vivendo in una situazione simile non è facile, me lo ripeto quando mi viene voglia di incazzarmi perché qualcosa non è andata come preferivo.

Ad Agra ci siamo anche resi conto che Maria si era portata dall’Italia una confezione di carne di mucca secca, un’ idea eccezionale farlo in un paese dove la mucca è considerata sacra e non puoi manco darle un calcio, figurati mangiartela.
Comunque, abbiamo fatto sparire le prove in un sabbath alimentare contro le cornutissime divinità indiane e abbiamo buttato la confezione fuori dall’albergo, per nascondere le prove.

Per trovare un cestino ad Agra ci vogliono dai 60 minuti alle dieci ore, difatti la popolazione considera “cestino” tutto lo spazio fuori da casa propria.

Parlando di gente che dovrebbe diventare presidente della Repubblica, ho incontrato un ragazzo che trasportava in giro il suo chiosco di banane, e con trasportava in giro intendo che letteralmente svolgeva il ruolo che altrove avrebbe fatto un asino, e mi sono fermato a comprargliene un paio.

10 rupie(15centesimi)”
Gliene allungo cinquanta e gli dico di tenere pure il resto. Lui mi fa di no con la testa, e me li rende.
Glieli riallungo, non mi servono.
Quello mi dice che le banane costano così, non gli serve di più, non è così povero, dopotutto.

E ok, lezione di vita da bananaro di Agra, Kurdt prendi e porta a casa.

Non fatevi illusioni, la maggior parte degli indiani non è così, come per tutti i posti, la maggior parte della popolazione fa schifo al cazzo.
Se in India vi chiedono soldi e non glieli date, ricordatevi di non ascoltarli quando vi diranno che il posto che state cercando è esattamente dall’altra parte della città. Gli indiani, quando non fai quello che vogliono e sei uno straniero, mentono.

Ho dato da bere il caffellatte agli elefanti a Jaipur, hanno una lingua gigantesca, e degli occhi colossali e tristissimi. Forse erano solo quelli che ho trovato io, perché li costringevano a fare i cretini per i turisti, scarrozzarli in quella mezza riserva che gli avevano creato, e poi tornare al loro posto, dove gli aspetta una catena alla zampa come premio.

Catena che, posso scommetterci, avrebbero potuto rompere a piacimento, ma per andare dove? Lo sapevano pure loro che dall’India è difficile andare via.

Sempre a Jaipur durante una passata di monsono sono entrato in un tempio Giainista, dove, senza dire una parola hanno fatto vedere a due tizi completamente zuppi e scalzi, tutta la storia della creazione.

Ho incontrato Soni, un gioielliere a cui ho comprato un sacco di pietre che mi sono portato dietro in un contenitore con su scritto “Mandorle affumicate”.

Abbiamo preso un altro treno, stavolta in prima classe, per andare a vedere il deserto dei Tartari, al confine con il Pakistan, c’é una cittadina che si chiama Jaisalmer. Abbiamo perso il treno perché mi sono dimenticato di che giorno fosse. Abbiamo fatto un nuovo biglietto. Se credete che le file da noi siano caotiche, poveri voi, In India la persona che sta dietro di voi in fila non ha nessun problema a superarvi e guardarvi male. Oppure a starvi così attaccata da poter sentire l’aroma del loro profumo scrauso.

Ad un certo punto ho sentito qualcuno, in un accesso di rabbia elitista,gridare “mi avete rotto i coglioni, adesso vendo le birkenstock e vi compro tutti”.

Il biglietto siamo comunque riusciti a farlo.

Mentre aspettavamo sulla banchina una scimmia ha rubato il pane ad un bambino che è scoppiato a piangere, così sono passato a comprargli un pezzo di cioccolato e gliel’ho portato, cosa che lo ha fatto immediatamente smettere, okay, missione riuscita, ti meriti proprio la medaglia di brava persona e bravo insegnante.
Il fratellino del derubato però comincia a piangere, perché, a lui, nessuno dà del cioccolato.
Il padre dei pargoli, messo all’angolo si dirige verso il chiosco dei dolciumi, fissandomi come a dire:

Guarda cosa hai fatto, cretino”

Nel frattempo la scimmia sta lottando per la vita e per il pane, circondata dalle sue amiche che vogliono un pezzo del bottino. Nessuno è mai contento.

I treni indiani sono lenti, ma sono comodi. Tutti hanno a disposizione un letto ribaltabile che diventa panchina, così se uno è stanco può decidere di sdraiarsi, cosa che quando il tuo viaggio può facilmente durare dieci ore, ha senso.

E nel viaggio verso il Deserto dei Tartari, guardavo fuori e vedevo passare l’India più povera, ancora più povera di come la immaginate, con fiumi di plastica che terminano in isolotti, roba che microplastiche levatevi, qui facciamo le cose in grande. Solo macro.

E lentamente quei paesaggi desolanti si sono trasformati in sabbia, attorno a noi solo la notte, la luna, l’odore della mia compagna di viaggio.

La stazione di Jaisalmer ha solo due binari, uno che va ancora più lontano, verso zone ancora più dimenticate da Dio, e una che torna verso Jaipur, e finalmente c’è meno gente attorno.
C’è un ostello a Jaisalmer, si chiama Crazy Camel, organizzano pure i giri nel deserto, un ora di macchina, dieci ore di cammello per vedere alla fine il deserto al confine con il Pakistan mentre delle pulci ti mordono il culo con tutta la loro forza.

Per puro caso a Jaisalmer ho anche incontrato Luca che di mestiere fa l’influencer, malgrado questo è una brava persona. Viaggia e fa video, è interessante, non un povero stronzo come me.

E ve lo devo dire, io in quel posto mi sono innamorato, che innamorarsi in India sembra difficile, ma solo perché siete prevenuti, gli esseri umani si sono innamorati per millenni in posti molto peggiori dell’India attuale. L’antica Babilonia, per dire, noi la conosciamo per i giardini pensili, ma non credo che avessero i bagni, la puzza in città doveva essere peggio di quella di Calcutta.

Che poi io non mi sono manco innamorato a Calcutta, io mi sono innamorato nel deserto, mentre non c’era niente di terribile attorno a me, la luna splendeva sulla sabbia e non c’era bisogno di nient’altro.

Anche le pulci nel sacco a pelo sembravano fatte apposta per innamorarsi.

E comunque, dicevo, gli esseri umani nel passato si sono innamorati dopo che una pandemia ha sterminato entrambe le famiglie di Urg e Burg, nomi onomatopeici di due scimmie antropomorfe. Portate rispetto, sono i vostri antenati, se non avessero trovato sexy il puzzo di decomposizione, voi non sareste qui.

E forse il mondo, a pensarci bene, sarebbe migliore.

Comunque, sto girando un sacco attorno a questa cosa che mi sono innamorato in India, perché non mi piace parlare di queste cose, motivo per cui ne scrivo solo adesso, più di un anno dopo, quando oramai la ragazza è sparita completamente dalla mia vita, dopo avermi conosciuto meglio. Io comunque dopo non mi sono innamorato più, non credo di essere fatto per questa cosa di innamorarmi, quando una ragazza mi chiede se la amo, di solito rispondo “no, ma ti stimo moltissimo”.
E quelle se la prendono sempre a morte, come se questa cosa che io rispondo dicendo che le amo potesse eliminare il dramma della morte, l’assoluta assurdità del vivere, o il fatto che il loro parrucchiere è chiuso il lunedì pomeriggio.

No, seriamente, il fatto che qualcuno vi dica “ti amo” non cambierà il fatto che quella persona non la riconoscereste camminando per strada, tra qualche anno. Pensate alle vostre ex fidanzate, quante sareste capaci di riconscerle per strada, adesso?

Eppure, anche se amare non ci salverà dalla morte fredda dell’universo, beh,  aiuta.

Sicuramente più che accumulare soldi, bombardare villaggi di poveri cristi in medio oriente, leggere saggi deprimenti su Celiné, o abusare di benzodiazepine. 

Quindi se non avete niente da fare, innamoratevi, fatelo anche per me, che non sono tanto bravo a farlo.

sabato 16 novembre 2024

1933

 


Stiamo come nel 1933 ma con una macchina di pagliacci ficcati dentro una cinquecento e con i palestinesi al posto degli ebrei, nel posacenere.

Non nutro nessun ottimismo per gli anni prossimi venturi, e non è Donald Trump, il problema, non più di quanto non lo fosse il pittore fallito senza alcuna capacità di comando, nel 1930.

Il problema è che la capacità di riflessione e comprensione della realtà secondo parametri condivisi, sta sparendo, soppiantata da una corsa a chi riesce ad accumulare più soldi su questa zattera lanciata a folle velocità nello spazio intergalattico,  zattera a cui stiamo facendo più buchi possibile, pregando non affondi. 

 Guardo i miei alunni, splendidi bambini, adorabili, di religioni diverse,  nazioni diverse, e penso che no, loro non si scannerebbero mai per un pezzo di terra da qualche parte. Poi ci penso e ricordo che sono capaci di litigare perché uno li ha guardati troppo a lungo, distruggendo la mia idea di un governo guidato da Bambini. Sarebbe l'apocalisse nucleare. 

Scrivo poco perché cerco di osservare il più possibile, e dire solamente quello che veramente penso non sia ancora stato detto, e la verità è che sono un povero stronzo, amen.

Ma la situazione politica degli ultimi dieci anni mi sembra veramente incredibile, ovunque mi giri ci sono conati fascisti, in Francia Macron, da bravo liberale, decide di consegnare il paese alle destre, malgrado le elezioni avessero detto esattamente l’opposto.
L’America manco a dirlo, è un circo di nani e ballerine con, sotto il tendone, un colossale arsenale nucleare pronto a saltare in aria ad ogni momento. E se pensavate che gentaglia come John Bolton fosse guerrafondaia, preparatevi alla nuova infornata di cretini che spingeranno per una guerra con Iran (manco a dirlo) ma soprattutto, la CINA.

Non so se vi rendete conto dell’impatto che potrebbe avere una guerra con l’Iran, uno stato che ha quattro volte la popolazione dell’Iraq, missili balistici a lungo raggio e la possibilità di chiudere completamente lo stretto di Hormuz.

Ammesso e non concesso che l’Iran non abbia armi nucleari, credete lo andrebbe a raccontare a voi, se le avesse? Probabilmente le terrebbe come arma di estrema istanza nel caso peggiore di tutti, se dovesse fronteggiare una possibile disintegrazione.

Se una guerra contro l’Iran è drammatica e avrebbe conseguenze mai viste negli ultimi 80 anni, una guerra contro la Cina può essere descritta solo in un modo, distruzione totale, per tutti, assicurata.

La Cina è una nazione organizzata, industrializzata, con tutte le risorse che le servono per mantenere una guerra prolungata contro chiunque, con una popolazione che appoggia il proprio governo. Gli Stati Uniti hanno sicuramente un esercito impressionante, ma Trump sembra intenzionato a permettere alla Russia di Annettere l’Ucraina, probabilmente sperando di farne uno strumento in una guerra d’attrito contro la Cina.

Questa cosa non succederà mai, Putin non è uno stupido, sa perfettamente che non c’è da fidarsi degli Stati Uniti, la Russia ne ha sicuramente esperienza diretta nella transizione post URSS, non si lascerà certo convincere con due caramelle e una perlina.

Stessa strategia che credo voglia venire utilizzata con Israele, Trump chiederà a Nethanyahu una tregua, giusto il tempo di permettergli di fare un giro di applausi e poi via, tutti insieme ad annettere la West Bank, sognando di trasformare Gaza in un Grande lido balneare.

Bisognerà solo fare attenzione ai cadaveri che la risacca porterà a riva, ogni tanto, ma magari un po’ di sangue si mescola bene con il cemento.

E no, se vi venisse il dubbio, non condono in nessun modo le azioni di nessun terrorista, solo includo anche l’IDF nel computo dei terroristi, come includevo l’esercito americano durante la guerra dell’Iraq. Essere uno stato nazione non esonera dal rispettare i diritti umani.

Ma Israele rispetta i diritti umani dei palestinesi, e se non li rispetta, è tutta colpa di Hamas, che ci obbliga a bombardare le tendopoli e annettere la west Bank”. 

Se ci credete davvero, guardatevi allo specchio, siete stupidi. Magari non ve l'hanno ancora detto, ma siete stupidi.