giovedì 2 ottobre 2014

Confessioni di un riparatore

Esiste una categoria di persone che pochi di voi conoscono, anche se tutti, tutti se ne servono. Sono indispensabili come l'olio per il motore, il loro lavoro viene sfruttato ovunque, ma non è pagato né riconosciuto. Sono i riparatori. Che poi non è nemmeno un termine ufficiale, nemmeno esiste un termine ufficiale per queste persone. Io li chiamo così.

Fanno parte della categoria tutte quelle persone che non riescono a lasciar stare un lavoro fatto male, non perché gli capiterebbe qualcosa o non verrebbero pagati, ma perché non vogliono lasciare qualcosa di incompiuto.

Fanno qualcosa sempre al massimo delle loro possibilità, anche se non ne otterranno un vantaggio economico, ma solo perché sono curiose di vedere se possono riuscire a fare quella determinata cosa in un modo migliore. Sono sempre esistiti ed esisteranno sempre, la società, come la conosciamo, non esisterebbe senza di loro. Perché dopotutto preoccuparsi di creare qualcosa che funzioni meglio per tutti se nel tempo che utilizzo per pensarci, posso gudagnare qualcosa solo per me?

Curiosità. Credo.

Fatto sta che in Italia, dove vivo, i riparatori si stanno estinguendo, e il paese sta colando a picco. Non voglio certo raccontare storie, l'Italia è sempre stata un paese di stronzi, ma c'era una discreta percentuale di persone capaci, che grazie alla loro volontà e competenza, faceva comunque funzionare il tutto in maniera decente, magari all'ultimo minuto, ma ci riusciva.

Ed è grazie a loro che ci siamo guadagnati la fama di paese che, anche in mezzo alle difficoltà, ce la fa, sopravvive, resiste. I riparatori erano quelli che, se lavoravano all'Enel, si accorgevano che il collega aveva commesso un errore, lo sistemavano, evitando il blackout della linea.
Quelli che scrivono le lettere al posto del loro capo, perché altrimenti si perde la commessa con la ditta.
Quelli che salvavano il culo di tutti gli altri, quando c'era l'emergenza. Sono quelli che quando arriva l'emergenza, vengono chiamati dai capi e capetti che non sanno cosa cazzo fare, e gli si lascia carta bianca, almeno fino a quando l'emergenza non è rientrata quel tanto che basta per ricominciare a fare i propri porci comodi.

Ecco, quelli se ne stanno andando, o sono già andati via, si sono rotti i coglioni di risolvere tutti i casini che vengono combinati da altri. E li capisco perfettamente. Un intera nazione è vissuta alle loro spalle, contando sul fatto che tanto qualsiasi cazzata venisse fatta, sarebbe stata messa a posto da questo piccolo esercito di volontari del bene comune. Beh, pare che si siano rotti i coglioni di fare i volontari per l'esercito della salvezza. Ora tocca proprio a voi.

Perché quando tutti quelli che sistemano le cose saranno spariti, vi toccherà sbranarvi fra di voi, e non sarà uno spettacolo divertente, ve l'assicuro.

Mia sorella si è iscritta ad un corso di pasticceria, una roba seria, una marea di ore, presunti buoni insegnati, attestato finale eccetera eccetera. Peccato che a metà del corso arrivano i controlli del comune che scoprono che la ditta che stava facendo il corso non aveva gli attestati e le carte per farlo, quindi non poteva fare una roba simile, al massimo poteva fare un corso di cucina.

Ovviamente quelli che già avevano pagato si sono incazzati, e indovinate un po'? Quelli che organizzavano il corso sono spariti, dopo aver giurato e spergiurato che avrebbero restituito i soldi, sono, molto italianamente, spariti. Puff, volatilizzati. Oh, il loro sito web e rimasto in piedi e organizzano altri corsi in giro per l'Italia, ma per quanto riguarda quel corso, beh, se ne lavano le mani.

Un corso tirato su con i fondi europei, of course, gestito in maniera da inculare più gente possibile e poi sparire.
Ovviamente questa srl, se proprio proprio dovrà tirar fuori qualche soldo, farà in modo da chiudere e i creditori, che s'inculino, noi i soldi li abbiamo, ora. E cosa dire della meravigliosa pista ciclabile di Erice, in Sicilia, costata 605.000 euro per 450 metri di pista? Ma attenzione, non stiamo parlando di una pista ciclabile come le trovereste in Olanda o in Germania, dove il ciclista è protetto dalle auto e ha lo spazio sufficiente per girare in tutta sicurezza, ma di questo merdaio qui. 


Una strisciata di vernice di 450 metri alla modica cifra di 600.000 euro. Fanno appena 1333 euro al metro. Glielo facevo io, per la metà.

Seicento mila euro per questa cosa scandalosa, che assomiglia ad una pista ciclabile quanto un asino dipinto a striscie assomiglia ad una zebra. Ancora più esilaranti sono le scuse del sindaco, sentite un po' cosa dice questo coglione, accusando ben altri colpevoli di questo scempio :


«Sicuramente chi ha sbagliato pagherà. L'impresa appaltante, in maniera del tutto autonoma ed arbitraria ha cambiato alcuni tracciati non previsti nel progetto. Non ha provveduto alla sistemazione del fondo stradale e non ha rispettato il cronoprogramma di realizzazione, non appena abbiamo avuto contezza delle cose siamo immediatamente intervenuti. Ad esempio, il colore rosso è stato scelto da me personalmente, ma intendevo con ben altra tonalità»

Il colore rosso aveva ben altra tonalità! Le tempere che state usando per colorare quel asino non sono acriliche, come potete sperare che assomiglia ad una zebra!

Una volta, dieci anni fa, ci sarebbe stato qualcuno che avrebbe passato un po' di tempo per condurre a più miti consigli il sindaco e la ditta appaltatrice, gli avrebbe spiegato che forse, ehi, qualcosa bisognava fare per giustificare mezzo milione di euro di fondi europei. Quella persona probabilmente sta lavorando in Olanda, adesso.

Ragazzi, mi dispiace dirlo, alcuni di voi mi conoscono, sanno che sono uno che lotta, che cerca di trovare il buono nelle cose, ma lasciate che vi spieghi come mi sento.
 Mi sento come un giocatore di calcio che, durante la partita cerca di difendere la propria area, assediata dagli avversari, mentre i compagni stanno tutti a bordo campo a farsi sbocchinare dalle tifose.
O come un soldato che, poco prima dell'assalto finale osserva i commilitoni vestirsi in giacca e cravatta e salutare amabilmente : «ciao eh, noi andiamo, c'è il ristorante che ci aspetta, ma tu vai eh! Buona fortuna, contiamo tutti su di te! Tutto è nelle tue mani, colpisci duro e forte» 

Armiamoci e parti tu. Dai, domani ti paghiamo la colazione al bar.

Allora tiro su la testa e vedo un battaglione armato fino ai denti che mi aspetta.

Ecco come mi sento. Come uno che sa lottare, ma stanco di doverlo fare anche per tutti gli altri.
E so di non essere l'unico a pensarla così. Quello che vedo capitare attorno a me è causato dalla fuga di tutte quelle persone che una volta, erano abituate a lottare in Italia, che lentamente se ne sono andate via, alla ricerca di un posto dove avrebbero potuto lottare anche per se stessi, e non solo per evitare che il sistema crollasse, trascinandoli con se. 

Dopotutto perché rimanere in un paese che offre al massimo un contratto di tre mesi, ottocento euro al mese, ma con partita iva, perché non abbiamo i soldi per pagarti, anche se giriamo con il mercedes. Gli imprenditori Italiani sono una barzelletta, fanno ridere i polli, stiamo parlando di gente che crede che mettere un sacco di gente nello stesso posto a lavorare con la speranza di ricevere da voi uno stipendio li renda automaticamente un imprenditore.
Molti sono andati via perché erano costretti a fare anche il lavoro del loro responsabile, senza riceverne, ovviamente, nessun vantaggio, solo la responsabilità, perché se qualcosa andava male, ehi, allora è colpa tua, coglione.

Imprenditori italiani in posa plastica


E ho sempre fatto parte di questo esercito invisibile di persone che riparano le cose, che sistemano le situazioni, che salvano il culo a quel branco di figli di puttana grassi e svogliati. Mi sono sempre circondato, quando possibile, di queste persone, perché potevo essere sempre sicuro, quando stavo con loro, che non avrebbero cercato di buttare il peso delle loro cose sulle mie spalle. Non avrebbero mai cercato di dipingere un asino per farlo assomigliare ad una zebra, avremmo organizzato una spedizione in Africa per catturare una zebra di merda e l'avremmo portata a destinazione.

Vi racconto una storia per farvi capire come mai la gente scappi dall'Italia. Quando avevo 16-17 anni ero diventato amico di un ragazzo mio compaesano. Lui era più grande di me e studiava fisica all'università. Chiacchieriamo parecchio e mi spiega parecchie cose sulla fisica che capisco a malapena, ma mi affascinano. Insomma diventiamo amici. Lui si laurea e il suo professore, all'università di Cagliari continua a pubblicare ricerche usandolo come ghost writer, ad un certo punto, il mio amico decide che si è rotto i coglioni e molla il professore, cercando lavoro all'estero. Trova lavoro all'Lht, in Svizzera. Ovviamente il suo professore gli ha detto ehi! Cosa stai facendo! Morirai fuori dall'Italia! Non puoi andartene via, ti prenderanno a calci in culo! 

Adesso è un ricercatore importante, ha il suo team di ricerca e compare sempre sui giornali per ricerche fondamentali come quelle sul bosone di Higgs. Ma ehi, all'estero ti mangeranno vivo! Sei Italiano tu, ti odieranno a prescindere!

Non puoi fare a meno di me! fammi uscire!


Ecco perché io, per quanto persona di sinistra, non sopporto più i discorsi sulla pace sociale e il welfare state. Forse in Finlandia e in Svezia, ma qui da noi è solo una scusa comoda per pilotare i soldi dove più fa comodo, generalmente nelle proprie tasche o in quelle di qualche amico o parente. 

Una bella cura di responsabilità individuale, quella vera, è l'unica soluzione per questa Italia.

E ve lo dice uno che è nato de sinistra e morirà sicuramente de sinistra, ma che si è rotto i coglioni di venire preso per il culo e pagare il conto alla romana quando mangiano solamente gli altri.


Kurdt


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