sabato 10 novembre 2018

My name is Giobbe

Io, fino a due settimane fa.



Sono mancato per due mesi, vi racconto cosa mi è capitato, perché è interessante. Non mi lamento spesso, ma questa volta, direi che è
Ai primi di settembre ho avuto l'occasione di conoscere da vicino un santo. Un santo vero, non un padreppio qualsiasi. Un santo, con l'aureola e tutto, uno che se proprio dovessimo discutere di gerarchie, starebbe abbastanza in alto.

Non un CristianoRonaldo, ma sicuramente un Cannavaro, o  un Materazzi. Uno che non vorreste incontrare la sera tardi, mentre tornate al conforto della vostra casa.

"Ciao Kurdt sono qui per ringraziarti di tutti gli epiteti amichevoli che hai diffuso sul conto della mia cricca negli ultimi vent'anni".  L'ho guardato attentamente. "Non lo conosco mica sto tizio qui" ho pensato, ma la cicatrice che scendeva dalla guancia sinistra fino allo zigomo destro, mi suggeriva di prestare attenzione. Molta attenzione.

"Mhhh, con chi ho il piacere di parlare? No perché di gente ne ho fatta incazzare tanta, non potete aspettarvi che mi ricordi proprio proprio tutti tutti."

Di solito queste battute fanno effetto, ma la faccia del tizio era calma come un neonato che si dedica alla poppata. Poi ha sollevato il labbro e ha detto:

"Senti, sai quanto ci hai rotto i coglioni? Non passa giorno che tu non ci abbia dato fastidio. E sai, a noi la gente che da fastidio, proprio non piace. Proprio no, per niente." Ha detto lo sconosciuto, sbattendosi i jeans con il palmo della mano. Le zaffate di polvere sembravano brillare. Ora che ci facevo caso, sembrava brillare anche capigliatura del tizio. Una specie di anello giallo gli circondava la testa, diciamo.

"Senti, stronzo, sono Antonio. Sant'Antonio, per la precisione. E ho un messaggio da parte di tutta la volta celeste" ha continuato, quello che avevo appena scoperto essere un vero pezzo grosso.

"Ehi amico, sai quanto me ne frega dei tuoi titoli? Sei solo uno che cito quando sbatto il mignolo quando mi alzo per pisciare, la sera" E con questa credevo di averlo messo al tappeto.

"Ah, sempre con questo fare sbruffone, come dicono quegli imbecilli miscredenti anglosassoni? Bigger than life! Eh, ma mò ti faccio vedere io. Hai sempre avuto una certa protezione da parte delle alte sfere, diciamo, ma con l'ultimo rosario, hai proprio esagerato." Poi non ricordo più niente, a parte il dolore, tanto dolore, per molto tempo.

Il fuoco di S.Antonio
lo chiamano, in pratica è il Remake della varicella con gli stessi personaggi ma autori diversi. A fine Agosto è cominciato, sembrava una lussazione alla spalla o qualcosa del genere, poi sono venute le bolle, e per finire, sono finito bloccato in casa, con un dolore che, ne ho passate parecchie in vita mia, ma una cosa del genere, mai provata. 

Dopo due settimane di dolore, ho guardato in alto e ho chiesto, vi giuro che ero serissimo:

"Dio, facciamo così, tu ti prendi due mignoli, mi togli sto dolore" Nessuna risposta. Allora ho insistito, magari non aveva capito bene.

"Devo ammettere che sai come trattare, allora faccio una seconda proposta, mignoli più nessuna bestemmia per un anno" che per me è una proposta colossale.

Dal cielo una grossa nuvola prende la forma di un dito medio, dall'armadio parte "sweet child of mine" a tutto volume e una voce baritonale mi esplode in testa. 


"Vai a farti fottere"
Se ho mai sentito un no, era quello.

Dopo tre settimane in cui ho dormito tre ore per notte, svegliandomi costantemente, ho deciso che dovevo fare qualcosa, ho scandagliato l'internetto con potenziali soluzioni al mio problema, visto che gli antidolorifici non facevano effetto e cosa ho scoperto? Che gigetto54 suggeriva l'uso di una pomata alla capsaicina. Per chi non lo sapesse, la capsaicina è quella molecola che rende piccanti i peperoncini.

Chissà cosa cazzo mi girava in testa per pensare di spalmarmi un habanero su una pelle già disintegrata, il dolore può farti fare cose stupide. Comunque sono partito per la farmacia a comprare una crema, ho trovato questa:



Revulsivo. Revulsivo!

Treccani: 

 
revulsivo (o rivulsivo) agg. e s. m. [der. del lat. revellĕre «strappare», part. pass. revulsus; v. revulsione]. – In medicina, azione r., l’azione di un agente chimico o fisico la cui applicazione sulla cute integra provoca irritazione locale; come s. m., l’agente chimico stesso, che si dice r. rubefacente e r. vescicante, secondo che produca semplice arrossamento o bolle cutanee.
 
E la mia cute non era integra. Ho spalmato la crema tutto contento, sperando che avrebbe avuto un qualche effetto magico, dopo tre minuti stavo ululando di dolore. E non in senso metaforico, mi sono dovuto tuffare sotto la doccia cercando di levarmi quella roba di dosso, ma quella crema del cazzo è una resina, dovevo grattarla via per toglierla. E non veniva via.

Ho passato il pomeriggio a ridere dal dolore, non credevo che potesse succedere, eppure ho scoperto che oltre una certa fascia di sofferenza, che sta tra "mannaggiattuttiisantidelparadiso" e "morte" c'è questo strano fenomeno che ti fa morire dal ridere.

"Ahahahahahahahahhaahah cazzo che ridere, mi sono amputato una mano con una motosega, hahahahahahaahah" tipo.

Un amica mi ha detto che "Dio mi ama, e che il dolore sono lettere d'amore mandate a me per farmi più vicino a suo figlio, abbi fede!". Così ho scritto una lettera a Dio.

"Caro Dio, ti prego di smetterla di inviarmi le tue lettere d'amore, non sono apprezzate, se insisti dovrò far intervenire la forza pubblica. Cordiali saluti, sempre tuo: Giobbe".

Quello sembrava aver capito, i dolori hanno cominciato a diventare meno orribili, così ho pensato che sarei potuto, in qualche modo tornare a scuola, visto che stare ai domiciliari cominciava ad essere pesante anche per uno come me. Domenica pomeriggio mi ritrovo senza niente da mangiare, dentro gli orari di visita fiscale. Ho fame. Esco venti minuti, ti pare che proprio i quei venti minuti, gli unici venti minuti in cui sono uscito durante un mese e mezzo, passi il medico?

Beh, è passato. Grazie, Dio.

Mi sono rotto un dente mangiando il kebab comprato quel pomeriggio. Non chiedetemi come si fa a rompersi un dente mangiando un kebab, non lo so.





Mia zia è morta, ictus, prendi il volo e torna a casa per partecipare al funerale, riprendi il volo e torna a Milano.

Quando le formiche hanno invaso casa mi sono ricordato di questa scena.



E altro è successo, di cui non mi va di parlare qui, perché sono sostanzialmente fatti miei ancora più personali, ma sono sulla stesso livello di queste cose qui sopra.


Comunque, volevo solo dirvi che sono vivo, e sono tornato. Malandato, ma combattivo, le divinità possono mandarmi quello che vogliono, non mi piegheranno. O mi ammazzano, o niente.

E per concludere, Sant'Antonio, mavaffanculo.

Kurdt.















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